IN QUESTO ARTICOLO TROVERAI:

Ogni mese, una donna ci racconta il suo rapporto con la bellezza e la cura di sé.

Scopriremo come l’età, la professione, gli impegni e le priorità si rispecchiano nelle scelte quotidiane di self-care.

  1. Cosa significa per te prendersi cura di sé?

In questo momento particolare significa cercare di ricordarmi di prendermi del tempo per me. Sono una persona molto attiva ma a volte tendo a farmi fagocitare dalle mille cose da fare.
Per cui prendermi cura di me significa darmi il diritto di fermarmi, mettere in stand-by la to do list e fare qualcosa solo per me come: un bagno caldo, una passeggiata, o semplicemente sedermi sul divano.

2. Quando è nata la tua passione per lo Yoga? 

Mentre aspettavo il mio primo figlio mi sono iscritta, un po’ per caso, ad un corso di yoga in gravidanza. Lì ho scoperto quanto lo yoga sia uno strumento potente per connetterci con noi stessi.

Nel mio caso lo yoga ha reso l’esperienza dell’attesa un momento trasformativo e mi ha donato gli strumenti per affrontare le nascite dei bambini con consapevolezza e fiducia.

3. Come questa disciplina ti ha aiutato a conoscerti e scoprirti?

Appena ho iniziato a praticare, e grazie soprattutto agli insegnanti che mi hanno guidata nel tempo, ho sentito che lo yoga per me è soprattutto un viaggio nella profondità di me stessa: più lo pratico e più mi porta a vedere i miei limiti, gli schemi mentali che mi bloccano e le mie ferite. Da una parte li vedo e ne prendo consapevolezza, dall’altra parte capisco che non mi definiscono e che la loro presenza è occasione per accettarmi e andare oltre.

Imparo a vivere meglio con me stessa, in sintesi. 

Poi c’è la parte ‘benessere’: lo yoga è uno strumento per stare bene che porto sempre con me.

In qualsiasi momento, ovunque mi trovi, basta un respiro profondo, un mantra, un movimento per aiutarmi a tornare in equilibrio e sentirmi centrata. 

4. Come ti prendi cura del tuo corpo? 

Cerco di nutrirmi in maniera equilibrata e respirare bene, di stare all’aria aperta magari lontano dalla città. Grazie ai miei figli il movimento non manca mai!
E poi credo nel potere di autoguarigione del nostro corpo, cerco di ascoltarmi e nel tempo ho scoperto pratiche e prodotti naturali che mi aiutano.

Ad esempio, l’oleazione con olio di sesamo prima della doccia: mi ungo massaggiando ogni parte del corpo e poi faccio la doccia. Oppure un mix di miele, curcuma e tea tree come rimedio di emergenza quando non mi sento bene.

Mi piacciono molto anche gli oli essenziali e ultimamente sto facendo un percorso con i fiori di Bach. Insomma, mi piace molto indagare quale può essere l’origine mentale o emozionale di un sintomo e cercare un rimedio a 360 gradi. 

5. Come può il respiro aprirci le porte delle nostre emozioni? 

Partirei dalla considerazione che tutti respiriamo dal momento in cui siamo nati, ma il più delle volte non ne siamo neanche consapevoli. E non parlo solo di quando dormiamo, bensì del fatto che semplicemente non pensiamo che stiamo respirando; questo rende la nostra respirazione superficiale, limitata e non molto nutriente.
La prima cosa che facciamo quando ci sediamo sul tappetino yoga è re-imparare a respirare con il diaframma, spingendolo verso il basso. Questo ha un immediato potere calmante, ci permette di portare più ossigeno al cervello e fa rilassare il sistema nervoso; e poi, momento magico, ci costringe ad espandere lo spazio del nostro cervello istintivo, ovvero la pancia: ‘casa’ delle nostre emozioni più antiche.
È meraviglioso osservare le persone alle prese con la respirazione di pancia: per alcuni è come aprire il vaso di Pandora e lasciare uscire emozioni compresse per anni. Piano piano, lavorando sulla respirazione, le persone imparano a usare il respiro per calmarsi, oppure per sollevarsi o lasciare fluire le proprie emozioni in situazioni in cui, prima, sarebbero state sopraffatte. 

6. Da persona che non trascura il suo benessere in senso ampio, quale pensi sia la chiave per imparare ad amare il proprio aspetto?

È una bella domanda, e me la pongo spesso ultimamente perché vedo che il mio corpo inizia a mostrare il segno del tempo.
Quello che mi dico quando mi guardo allo specchio è che la pelle non più tesa sulla pancia è il segno dei due bambini che ho portato; che le rughe sono il simbolo di tante preoccupazioni, magari superate, ma anche di tante risate. Insomma, il corpo è espressione di ciò che siamo e che abbiamo attraversato.


L’altra considerazione è che non ho mai sentito una persona accettarsi pienamente per come è dentro, e non per come è fuori. Quindi ecco, credo che il lavoro principale sia il fronte interiore!

7. C’è una massima di vita che ti rappresenta?
Ciò che ti accade, non accade a te ma per te (o una cosa del genere).


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